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Idea Live porta sul palco Il Piccolo Principe a 80 anni dalla prima pubblicazione

“Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. Dato allo stampe per la prima volta nel 1943, Il Piccolo Principe, capolavoro dell’autore francese e aviatore Antoine de Saint-Exupéry, è uno dei romanzi più letti e tradotti al mondo. In occasione degli 80 anni dalla sua prima pubblicazione, la rassegna Piccole Emozioni propone un innovativo adattamento della compagnia Idea Live.

Tre appuntamenti in una sola domenica. Il 23 aprile vi aspettiamo in via S. Calenda, 98 alle 11.00 – 17.00 – 19.00.

Pur essendo un’opera scritta per bambini, il Piccolo Principe arriva a toccare il cuore di tutti, a qualunque età lo si scopra. È il racconto fantastico dell’incontro tra un aviatore caduto con il suo aereo nel deserto ed uno strano ragazzino caduto dalle stelle. Una storia che apre il cuore di grandi e bambini.

In questa nuova versione del celeberrimo racconto, ecco che il Piccolo Principe viene interpretato da una donna, Francesca Cercola, coreografata nei suoi movimenti scenici dalla M° Michela Chirico. Ai due attori, Antonio Coppola ed Alessandro Tedesco (quest’ultimo anche regista dello spettacolo), il compito di interpretare tutti gli altri personaggi che il Piccolo Principe incontrerà nel suo percorso.

In un viaggio onirico tra mondi colorati dai costumi e le scenografie di Massimiliano Costabile e dai giochi di luce di Luigi Vernieri, gli spettatori – grandi e piccini! – saranno guidati dalla voce narrante di Roberto Coppola.

Info e prenotazioni: 0899958245 – 3292167636
Costo del biglietto: 7€
Orario spettacoli: 11.00 – 17.00 – 19.00

Orizzonte, il viaggio della speranza

Dopo le feste di Pasqua è tempo di ritornare a teatro. Spazio alla rassegna “I Diversi Volti del Teatro”, guidata dalla direzione artistica di Valentina Mustaro, che per questa domenica 16 aprile propone “Orizzonte” con l’Associazione “Io non ti conosco”. La regia e la drammaturgia sono affidate a Paolo Blasio. Il regista sarà anche in scena con Consiglia Coppola e Antonio Baselice.

L’opera parla della grande emigrazione dello scorso secolo, dalla nostra penisola all’America si provava a cercare un futuro migliore. Un tema attuale che ad oggi viene trattato dai media come “fuga di cervelli” e, quando non riguarda gli italiani, come “allarme immigrazione”.

16 aprile alle 19:00 – Per info e prenotazioni: 329 21 67 636

Note di regia

Orizzonte, spettacolo teatrale dalla durata di circa un’ora, narra le vicende di tre fratelli napoletani che partono per il sogno americano. Sogno, appunto, che cela più di qualche insidia, come la povertà economica e ideologica che ha colpito ahimè tante persone costrette ad affrontare il famigerato “esodo”. Tra il 1861 e il 1985 sono partiti quasi 30 milioni di emigranti dalle province italiane. Molti partirono nei decenni successivi all’Unità di Italia, durante la cosiddetta “grande emigrazione” (1876-1915). A partire non erano solo braccianti (la fetta povera della popolazione non aveva denaro sufficiente per pagare il viaggio), tra gli emigranti prevalevano i piccoli proprietari terrieri che con le loro rimesse compravano casa o terreno in patria. Il “viaggio della speranza” non interessava solo gli abitanti del Sud Italia, anzi, ci fu una vasta tratta migratoria di contadini veneti verso il Sud America. Di solito chi partiva dalle regioni del Nord si imbarcava a Genova o a Le Havre in Francia. Chi partiva dal Sud invece si imbarcava a Napoli. Il rapporto tra passeggeri di prima classe e di terza era di cinquemila a diciassettemila e le differenze di trattamento per questi ultimi abissali: un sacco imbottito di paglia e un orinatoio ogni cento persone erano gli unici comfort di un viaggio che poteva durare anche un mese.

Cosa viene analizzato di questo fenomeno

Nello spettacolo vengono quindi analizzate queste pessime condizioni alternate a scene di certo più metafisiche. L’intero spettacolo è costruito su una particolare dicotomia: in alcune scene vediamo i ricordi dei personaggi sulla barca che li porta in America, in altre loro si trovano sulla barca che li trasporta nel limbo, ed è lì che si attivano i loro ricordi, le loro emozioni, i loro aspetti umani scarni da qualsiasi contesto sociale. L’obiettivo è di raccontare una storia così lontana a noi, ma in realtà così vicina, una storia che si ripete ciclicamente in un contesto nazionale diverso e che a volte ci vede vittima ed a volte carnefici.

Il cambio di veduta

Proprio questo cambio di veduta ci permette di capire quali sono i veri problemi che si ripercuotono e quanto instabile è quell’ordine che ci permette di stare al sicuro. Il nostro bisogno di avere una dimora, un punto fermo, con un po’ di tenerezza si trasforma in un diritto, con la consapevolezza che siamo tutti abitanti di una terra che in origine non ha confini, e che da un orizzonte all’altro non fa differenza se non nella bellezza della diversità che lo compone.

Giornata mondiale del Teatro: festeggiamo insieme

GIORNATA MONDIALE DEL TEATRO: FESTEGGIAMO INSIEME CON “LU CUNTO DE LI CUNTI”

Giornata mondiale del Teatro, come festeggiare se non accendendo le luci del palcoscenico e lasciandoci andare alle emozioni. Infatti, domenica 26 marzo alle 19:00 al Teatro La Ribalta di Salerno ci sarà “Lu cunto de li cunti”. Il testo di Giambattista Basile è stato rielaborato da Valentina Mustaro che lo ha anche riadattato allo stile della Commedia dell’Arte. La famosa raccolta di storie e fiabe della tradizione popolare porterà sul palco Antonio Carmando, Michele Cicchetti, Valentina Mustaro, Elena Pagano e la partecipazione straordinaria di Utungo Tabasumu.

NOTE DI REGIA

La versione dello spettacolo scritta dalla regista Valentina Mustaro è ambientata in un cantiere aperto, un vicolo di un quartiere popolare, in un tempo imprecisato. Elementi moderni e passati convivono insieme sulla scena: una scala d’acciaio, un trabattello, secchi di pittura, di plastica, scope, bidoni. Tutto a rappresentare un ambiente in costruzione ma trasmettono anche un senso di abbandono e di solitudine. Giunge in questo luogo, come un deus ex machina, una maschera, un attore, che tenta di richiamare l’attenzione della gente ma resta amaramente deluso nel trovare la strada stranamente silenziosa e vuota. Decide quindi di recitare un monologo, il testo del bando emanato dal Principe di Camporotondo, il quale si dice sia alla ricerca delle donne più chiacchierone per raccontare le storie del popolo alla principessa nei 4-5 giorni che la separano dal parto. Il monologo della maschera è lanciato come un’esca alla quale abbocca pian piano la gente del vicolo, che inizia a passarsi la voce, a scendere in piazza e a riportare in vita i detti, le storie della tradizione, mettendo in piazza i propri panni, le vesti, gli indumenti e utilizzandoli poi in un gioco di metateatro nel quale il popolo è narratore e attore allo stesso tempo. Lo stile della messa in scena è quello tipico della commedia dell’arte: i personaggi indossano maschere, adoperano diversi dialetti, compiono lazzi e trovate acrobatiche, ironizzato sulla storia e spesso la stravolgono ponendosi sempre a metà tra il passato e il moderno. Infine, la regista sceglie di chiudere lo spettacolo così come è iniziato, secondo uno schema circolare, che è un chiaro riferimento alla circolarità dell’opera stessa, ma con la differenza che alla fine della rappresentazione la scena non sarà più abbandonata e silenziosa; bensì sarà di contro una scena viva poiché grazie al raccontare “si spaurano gli affanni, si dà sfratto ai momenti fastidiosi e s’allonga la vita”.  Così la “maschera”, l’attore, può allontanarsi contenta vedendo come adesso la gente sia rinata e in piena energia, pronta a riprendere a raccontare “Lu cunto de li cunti”.

SINOSSI SPETTACOLO “LU CUNTO DE LU CUNTI”

La famosa raccolta di storie e fiabe della tradizione polare che porta la firma di Giambattista Basile, detta anche Pentamerone poiché tramanda 50 racconti. La cornice narrativa costituisce il primo di questi racconti, da cui scaturiscono gli altri quarantanove; alla fine, con l’ultima fiaba, si ritorna alla vicenda principale, che ritrova la sua conclusione.Il racconto della cornice, infatti, narra la vicenda della principessa Lucrezia, detta Zoza, che si trova nella condizione di non riuscire più a ridere. Invano il padre si sforza di strapparle un sorriso, facendo venire a corte una gran quantità di saltimbanchi, buffoni e uomini di spettacolo: Zoza non riesce ad uscire dal suo perenne stato di malinconia. Un giorno, però, mentre si trova affacciata alla finestra della sua stanza, scoppia a ridere allorquando vede una vecchia cadere e poi compiere un gesto osceno di rivalsa e di protesta. La vecchia si vendica della risata della giovane principessa con una maledizione: Zoza potrà sposarsi solo con Tadeo, un principe che a causa di un incantesimo giace in un sepolcro in uno stato di morte apparente, e che riuscirà a svegliarsi solo se una fanciulla riuscirà a riempire in tre giorni un’anfora con le sue lacrime. Zoza inizia l’impresa; l’anfora è quasi colma quando ella, stremata dalla fatica, si addormenta. È allora che una schiava moresca si sostituisce a lei, versando le ultime lacrime in modo da svegliare il principe, e si fa sposare. Zoza, però, riesce a infondere nella schiava il desiderio di ascoltare fiabe, e dà l’incarico a dieci ripugnanti vecchie di narrare una novella ciascuna al giorno, per cinque giorni. Alla fine, Zoza si sostituisce all’ultima novellatrice, raccontando la propria storia come ultima novella. Così il principe viene a conoscenza dell’inganno che gli è stato teso, condanna a morte la schiava moresca e sposa Zoza.Il Focus dello spettacolo è proprio sulla cornice narrativa del romanzo che rappresenta il “racconto dei racconti” poiché contiene in sé il motore di tutte le storie ed evidenzia l’importanza del narrare e della sua funzione catartica. Come sostiene il Principe quando emana il bando: solo attraverso il raccontare si può superare gli affanni dalla vita quotidiana, liberarsi dai pensieri fastidiosi e vivere in eterno, tramandano quei racconti di persona in persona.

Piccole Emozioni anche in cucina con Ratatouille

Spazio alle “Piccole Emozioni”, la rassegna teatrale targata La Ribalta dedicata ai più piccoli. Domenica, 12 marzo, si entra nel mondo della cucina e dei sapori con “Ratatouille, piccolo chef”. Sul palco gli attori del Polo delle Arti per la regia di Valeria Alfano accompagnata dalle coreografie di Cristina Ciafrone, Michele Cicchetti e della stessa Alfano.

Come sempre, ci saranno tre repliche: 11:00 – 17:00 – 19:00. Per info e prenotazioni: 329 216 7636

Sinossi

Il dolce topolino Remì, con un talento innato per la cucina, rappresenta la realtà di ognuno di noi, per la quale i propri stili di vita, spesso, devono corrispondere ai parametri dettati dal contesto in cui si cresce e vive; il coraggio di seguire i propri talenti o semplicemente il proprio modo di essere, alla fine vince su tutto il resto, e chi ci ama davvero, resta al nostro fianco, sempre.

Dalla mafia al 41 bis: Le regole del gioco

“I Diversi Volti del Teatro” si dimostra ancora una volta uno spazio culturale dove grazie all’arte della recitazione è possibile riflettere su tematiche quanto mai attuali. Negli ultimi mesi sentiamo tanto parlare di carcere duro, mafia e 41 bis.
Queste tematiche saranno riportate sul palco del Teatro La Ribalta il 5 Marzo alle 19:00 dalla compagnia “Rosso e nero” con il pluripremiato “Le regole del gioco”, un testo originale scritto da Antonietta Barcellona e Danilo Napoli e prodotto dalla Vitruvio Entertainment. Mentre in scena con i due autori ci sarà Carlo Cutolo.

SINOSSI

Raffaele Contaldo, pericoloso killer di camorra, è rinchiuso in carcere alla sezione speciale del 41 bis e, esasperato dalle condizioni del carcere duro, decide di diventare collaboratore di giustizia. Il Giudice incaricato delle indagini è Claudia Sofia Del Regno, una giovane donna, motivata e figlia di Magistrato. Dunque, due personaggi diversi in ogni cosa: origini, condizione sociale, scelte di vita… una dualità che però finisce per svelare importanti punti di contatto e che trasforma il palcoscenico in un vero e proprio ring nel quale i due si sfidano raccontando la propria vita. Ma mentre Raffaele Contaldo è un libro aperto, che racconta tutti i dettagli delle sue malefatte, Claudia sembra nascondere un terribile segreto che apre la porta a tutta una serie di tematiche da affrontare e sviscerare, ma che soprattutto indurrà il pubblico a chiedersi: quanto è labile il confine tra bene e male?

NOTE DI REGIA

Qual è il confine fra bene e male? La vita ci porta lungo strade impervie: nessuno sa dove conducano alcune, mentre altre hanno una destinazione precisa. È il caso della malavita: una strada la cui destinazione è certa e, più di tutto, è certa l’impossibilità di cambiarla una volta imboccata. In scena un uomo e una donna, la vita e la morte, la legge e la criminalità, l’attrazione e il disprezzo, il bene e il male, divisi da un tavolo che si trasforma in un ring. I momenti di scontro sono i più pericolosi e anche i più dolorosi. Intorno a quel tavolo ci sono, idealmente, molti altri, fra vittime e carnefici, e ognuno invoca la propria giustizia. I confini non sono netti e si confondono sempre di più, in un crescendo di emozioni che dilaniano l’anima: racconti rivissuti, confessioni, confronti ed evoluzioni travolgono lo spettatore togliendogli il fiato, fino alle lacrime. Non manca la possibilità di un sorriso, come in ogni autentica tragedia, né una speranza come in ogni vero dramma.

Trotula e il giardino incantato

Domenica, 19 febbraio, al Teatro La Ribalta una lettura animata liberamente ispirata al libro “Trotula e il giardino incantato” di e con Flavia D’aiello.

“Benvenuti nella città di Salerno, siamo nel 1020… All’incirca, ed è proprio qui che ha inizio questa storia!”. Sullo sfondo la scenografia ispirata alle pagine del libro “Trotula e il giardino incantato”, accolti da Trotula dai capelli blu, una marionetta a sacco che, attraverso i suoi racconti di medicina (tra sogno e realtà), ci fa conoscere valenti scienziati e dotti medici dell’epoca come Costantino l’africano, e personaggi fantastici nell’incontro con streghe, fate e sirene.

La narrazione della storia è arricchita dalle marionette che prendono vita nell’animazione da tavola, e attraverso la dimensione giocosa della storia, conosciamo il pensiero e gli scritti di una delle più importanti figure del campo medico medievale, che per prima si interessa al benessere e alla salute delle donne: Trotula!

L’appuntamento con le Piccole Emozioni è adatto a partire dai 4 anni. Per info e prenotazioni 329 216 7636

Michele Monetta, il suo workshop dal 3 al 5 marzo

Finalmente ritorna l’annuale Masterclass del Teatro La Ribalta di Salerno. Per questo nuovo anno, l’iniziativa consisterà in un workshop con il Maestro Michele Monetta: “Poesia e grottesco nelle maschere della Commedia dell’Arte e in Cyrano”. Si tratta di un appuntamento unico ed imperdibile. Tre giorni intensissimi con uno dei Maestri riconosciuti del Teatro Internazionale, dal 3 al 5 marzo 2023.
“Il programma teorico-pratico coniuga lo stretto rapporto tra la grande scuola teatrale dei comici dell’Arte in Francia e la drammaturgia francese con riferimento alla famosa opera si Edmond Rostand. – spiega Valentina Mustaro, Presidente dell’associazione culturale La Ribalta, che ha fortemente voluto l’iniziativa – Il lavoro sarà improntato sull’esercitazione di canoni poetici di particolare eleganza, ma non slegati e distanti dall’esperienza del grottesco, che per sua natura guarda al difforme e al disomogeneo, come nel caso della figura di Cyrano de Bergerac e sulla dissociazione e contraddizione fra corpo e anima, fra apparire ed essere”.
Per info: 089 9958245 – 329 2167636

Programma:

Esercizi di scomposizione e dissociazione corporea;
Regole di base relative alla scherma storica;
Corpo grottesco: figure disomogenee e difformi;
Les attitudes e partiture di movimenti;
Controllo della voce e precisione del gesto: il corpo icastico;
Lo spazio ritmico;
Gioco teatrale e reattività;
Il teatro teatrale;
Le convenzioni sceniche a partire dal Teatro all’italiana;
Riferimenti a figure distanti ma storicamente collegate: il Miles, i Capitani e Don Giovanni.
Dialoghi e monologhi dal Cyrano;
Improvvisazione con e senza maschera;

Orari del corso:

Venerdì 3 marzo ore 18-21
Sabato 4 marzo ore 9-13/ 14-19
Domenica 5 marzo ore 10-13

MICHELE MONETTA – NOTE BIOGRAFICHE

Regista, attore e insegnante di mimo corporeo tecnica Decroux, maschera e Commedia dell’Arte, specializzato in pedagogia teatrale.
Allievo del M° Etienne Decroux. Docente di maschera e mimo corporeo e membro del Consiglio Accademico dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico Roma. Insegna recitazione e Commedia dell’Arte all’École-Atelier Rudra del coreografo Maurice Béjart in Svizzera.
Docente di educazione al movimento drammatico alla Scuola di Teatro del Teatro Nazionale di Napoli.
Gli studi artistici-figurativi e poi di architettura all’Università di Napoli Federico II gli creano un interesse particolare per la scenografia e lo studio del corpo e del movimento nello spazio. Dopo i primi studi di dizione, clown e pantomima a Roma al MimoTeatroMovimento, si trasferisce a Parigi e per circa tre anni studia mime corporel con il M° Etienne Decroux. Contemporaneamente si perfeziona all’École de Mime Corporel Dramatique de Paris con i maestri Steve Wasson e Corinne Soum. Negli stessi anni frequenta l’École Nationale du Cirque Fratellini per la danza, l’equilibrismo e il clown.
Dal 1976 ad oggi è stato regista, attore, mimo e coreografo in produzioni teatrali di testi di Goldoni, Gozzi, Piron, Beckett, Rodari, Lorca, Rilke, Petrolini, Compagnone, Artaud, Scabia, Majakovskij, e in Opere Musicali di Stravinskij, Rossini, Offenbach, Mozart, Cimarosa, Paisiello, Jommelli, Donizetti, Pergolesi, Monteverdi, Lucchetti, Banchieri.
Si è specializzato negli anni ’90 a Parigi con Monika Pagneux in pedagogia teatrale.
Ha lavorato con i registi: Vera Bertinetti, Giacomo Battiato, Giancarlo Cobelli, Mico Galdieri, Ruggero Cappuccio, Ugo Gregoretti, Peter Clough, Ken Rea, Dino Partesano, Constantin Costa-Gavras, Mariano Rigillo, Lorenzo Salveti e con i musicisti Salvatore Accardo, Riccardo Muti, Roberto De Simone.
Ha collaborato come regista con la Sezione didattica del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Ha lavorato come curatore dei movimenti scenici, mimo e regista per Il Teatro di San Carlo di Napoli, Teatro alla Scala di Milano, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Lirico Vittorio Emanuele di Messina, Rossini Opera Festival di Pesaro, Teatro Lirico Sociale di Rovigo, Teatro Francesco Stabile di Potenza, Teatro Lirico dell’Aquila di Fermo e per il Teatro Yusupov di San Pietroburgo, Festival dei due Mondi di Spoleto.
Dal 1991 collabora con il prof. Marco De Marinis e con il DAMS di Bologna per seminari, laboratori, videoforum e convegni. Ha condotto laboratori di mimo corporeo alla sessione del Teatro Eurasiano diretta da Eugenio Barba.
Ha coperto il ruolo di regista, attore e insegnante in Italia, Francia, Svizzera, Ungheria, Polonia, Russia, Grecia, Spagna, Lituania, Olanda, Belgio, Indonesia e Malesia.
Nel 1999 è co-fondatore e co-direttore dell’ICRA Project Centro Internazionale di Ricerca sull’Attore.

Il frutto, un viaggio tra psiche e sessualità

Aggiungiamo un altro tassello alla rassegna “I Diversi Volti del Teatro”. Il 12 febbraio 2023 alle 19:00 al Teatro La Ribalta di Salerno ci sarà la compagnia Imprevisti e Probabilità per presentare “Il Frutto” di Soledad Agresti per la regia di Raffaele Furno.

Per info e prenotazioni: 089 99 58 245 – 329 21 67 636

Sinossi

Ida e Ada sono due donne sole. Una è la donna chiara, l’altra è la donna scura. Ida e Ada potrebbero essere due aspetti della stessa donna. Ida e Ada sono state entrambe abbandonate da uomini approfittatori, che da loro volevano solo sesso.
Tra Ida e Ada c’è un segno di confine, che delimita i loro spazi vitali. Un confine marcato sul palcoscenico da una striscia scura, netta, che taglia il palco a metà. Ma questo confine non è un muro, piuttosto una membrana permeabile che mette Ida e Ada in comunicazione, pur tenendole separate. Le due donne superano questo limite nei loro momenti onirici, quando, chiuse nella loro solitudine, immaginano, ricordano, sognano, pregano o imprecano.
Tra Ida e Ada c’è un albero di mele. A chi appartiene? Chi lo ha piantato? Chi ha diritto a godere del frutto che ne nasce? Questo frutto della terra scatena la violenza drammaturgica dello spettacolo. Le mele sono semplici, non c’è bisogno di spiegarle, succose e salutari, ma sono anche simbolo di peccato originario e di desiderio femminile represso. A causa delle mele Ida e Ada dovranno necessariamente affrontare i propri demoni: il loro rapporto morboso e fallimentare con gli uomini della loro vita, amanti di una notte, un marito che è scappato, un figlio che probabilmente è stato punito per espiare tutte le colpe del genere maschile.

Note di regia

“Il Frutto” è idealmente la conclusione di una trilogia drammaturgica che continua la ricerca sul femminile inaugurato dall’autrice Soledad Agresti con i precedenti testi “La Gamba di Sarah Bernhardt” e “Il Bambino che verrà”. Mentre il primo analizzava il mondo delle donne del sud Italia con toni comici dirompenti, ed il secondo mescolava commedia e surrealismo nell’analisi di una maternità “sui generis”, “Il Frutto” sprofonda nell’oscurità del dramma per mettere in conversazione la sessualità femminile con se stessa. Lo spettacolo è un intreccio tra la scrittura scenica dell’autrice e le metafore visive ideate dal regista. La gestualità delle due attrici è netta, secca, precisa. L’intera idea di messa in scena si incentra sul binomio “accogliere” e “rifiutare”, perché le donne sono generalmente percepite come accoglienti, nutrici, ma le due protagoniste hanno subito, e forse agito più volte, azioni di rifiuto terribili ed estremi. “Accogliere” e “rifiutare” si trasformano per l’appunto nel modo in cui le due attrici manipolano i pochi elementi scenici attorno a loro (due sedie, un telo) ma soprattutto nel modo in cui si toccano, si cercano, si accarezzano, si affrontano aggrappandosi l’una all’altra come se ognuna rappresentasse la speranza ma anche la nemesi reciproca.
Su tutto campeggia un albero che si trasforma e si illumina per sottolineare lo stato emotivo delle due donne. C’è una connessione emotiva ed energetica tra le attrici dello spettacolo e l’albero, che diventa quasi terzo protagonista della messa in scena.
Il teatro della Agresti, e la regia di Furno, sono fortemente carnali, passionali e appassionati. Le linee di ricerca intrecciano il vissuto personale dell’autrice con i temi del genere sessuale, che hanno una valenza universale e sociale. Le donne del suo teatro sono consapevoli dei limiti posti dal mondo fortemente maschilista che le circonda, e attraverso questa consapevolezza sviluppano un fervore critico che è assieme pensiero ed azione. Ada e Ida incarnano un femminile terribile, evocativo delle eroine tragiche dell’antica Grecia, ma strenuamente moderno ed immerso nel mondo che tutti noi abitiamo.

Il paese dei colori, un viaggio per abbattere le barriere sociali

Domenica, 22 Gennaio, ritorna la rassegna “Piccole Emozioni”, questa volta vi portiamo ne “Il Paese dei colori“. Pronti a viaggiare con noi?

Come sempre, la rassegna dedicata ai più piccoli e alle famiglie vedrà a disposizione tre appuntamenti alle 11:00, alle 17:00 e alle 19:00. In tutte le repliche lo spettacolo sarà preceduto da un pre show a cura della Ludoteca Baby Planet e della libroteca Saremo Alberi.

Una storia per grandi e piccini per abbattere le barriere sociali

Partendo dall’omonima fiaba per bambini, Il paese dei colori è uno spettacolo che fa riflettere grandi e piccini su temi importanti di interesse sociale. Lo spettacolo scritto e diretto dalla regista Valentina Mustaro presenta gli abitanti dei cinque paesi rinchiusi nelle proprie opinioni e pregiudizi nei riguardi degli altri, di coloro che abitano oltre le mura e che non conoscono, ma che credono di poter giudicare basandosi su dicerie e falsi miti.
Ogni paese soffre la propria condizione, vorrebbe andare oltre e scoprire mondi diversi ma nessuno prova davvero ad entrare in contatto con l’altro. I personaggi presentati nei diversi paesi sono tutti molto caratterizzati e divertenti, sono buffi in ogni cosa che fanno e questo lascia trapelare una certa ingenuità e l’ignoranza tipica di chi non conosce ed ha paura del cambiamento.
Lo spettacolo parla in modo scherzoso e con un linguaggio semplice e adatto ai bambini del tema dell’interculturalità, di come solo abbattendo i muri della chiusura e del pregiudizio potremmo scoprire che siamo cittadini del mondo, abitanti di un grande paese pieno di colori.

Tuffiamoci nella storia

C’erano una volta in un paese lontano cinque re che governavano su cinque regni di cinque colori differenti: il regno dell’ombra, il regno purpureo, il regno zafferano, il regno d’oltremare e il regno candido. Ai confini tra i cinque regni sorgevano dei muri talmente alti che non si intravedeva più nemmeno il colore del cielo vicino. Un giorno che aveva piovuto tanto nel regno d’oltremare apparve una crepa nel muro che lo separava dal paese zafferano. Da questa crepa filtrò un raggio di luce gialla, così i mondi cominciarono ad abbattere i muri di separazione e a integrarsi tra popolazioni diverse: il risultato fu straordinario!

Revolution, riattualizzare Shakespeare con i giovani

Per “I Diversi Volti del Teatro” arriva il momento di guardare ai grandi classici del Teatro e della letteratura. Spazio a William Shakespeare con la Toy company che con la regia di Gianni D’Amato prova ad aggiornare la visione dell’autore con uno spettacolo con e per i giovani.

Sullo sfondo c’è la guerra (una guerra come tante, ma che in giorni come questi, sentiamo terribilmente vicina) e le ansie e le paure di un gruppo di adolescenti. Certo, adolescenti speciali, perché parlano con parole conosciute, con le parole del più grande drammaturgo di tutti i tempi, ma dietro la fama di quelle parole si nascondono i pensieri dei nostri protagonisti, intrappolati in un luogo senza tempo. Nasce tutto da un esperimento laboratoriale, nel quale abbiamo messo in piedi strani e rischiosi accostamenti: tra le parole del Bardo e le parole che suonano nelle playlist dei millennials. Da questo cocktail è nato “Revolution”. Una storia che ha tanto da raccontare, soprattutto in giorni come questi.